Nonostante mesi di ricerche e pianificazione prima di arrivare a Reykjavík, Remi e Justin avevano definito solo vagamente il percorso che avrebbero pedalato attraverso il centro dell'Islanda. Molte persone avrebbero esitato ad intraprendere un viaggio come quello che hanno affrontato i nostri protagonisti attraverso territori lontani in una terra straniera. Come hanno già scoperto innumerevoli esploratori è quando si sceglie di partire che si affronta la vera avventura.
Con questo ethos in mente, i ragazzi hanno scelto di iniziare la loro avventura nel punto più settentrionale dell'isola sopra il faro di Hrauhafnartangi e finire nel punto più meridionale al faro di Dyrhólaey a Vik.
Quello che si trova tra questi due punti è un antico passaggio descritto nelle saghe medievali come "Il sentiero dei cavalli esplosi". Questo nome gli fu dato dai primi abitanti che facevano correre i loro cavalli attraverso gli altopiani del deserto. La natura difficile di questi territori si evince anche dal fatto che quando occasionalmente gli abitanti di queste terre cavalcavano i loro cavalli per lunghe tratte questi morivano o "esplodevano" per esaurimento, disidratazione e fame.
I destrieri in titanio Moots ed equipaggiati ENVE di Justin e Remi però erano salvi da tali pericoli. A preoccuparli era più il fatto di dover affrontare un paesaggio aspro come quello dell'Islanda e le migliaia di fiumi e laghi che avrebbero dovuto navigare. In queste condizioni sapevano che la conoscenza locale sarebbe stata essenziale. Per questo, si sono avvalsi dell'aiuto del proprietario del negozio di biciclette di Reykjavík, Emil Thor, dell'Iceland Search and Rescue (ICE-SAR) e dei ranger del parco che hanno incontrato lungo la strada. Con questo tipo di guida sono stati in grado di affrontare e scoprire i luoghi più belli e sbalorditivi dell'isola.
Il viaggio attraverso i remoti altopiani dell'Islanda è stato possibile per i ragazzi grazie all'ampio sistema di capanne utilizzate dagli abitanti dell’isola. Justin e Remi hanno soggiornato in 4 diversi rifugi lungo il loro percorso, ognuno unico a modo suo.
Il primo è stato a Thorsteinsskáli, dove hanno incontrato un regista islandese e Simi, un ex membro del Parlamento. Erano solo loro quattro, e condividevano storie e tè caldo mentre Simi raccontava loro dei campi di lava, dei fantasmi dell’isola e dei segreti di quelle terre abbandonate.
Con il paesaggio in continua evoluzione non hanno mai smesso di affrontare con le loro biciclette terreni diversi. Per 80-100km al giorno affrontavano terreni come ghiaia, sabbia profonda e letti di lava secca. Il paesaggio non ha mai smesso di stupirli ma ha sempre richiesto il massimo delle loro energie per spingere sui pedali ogni metro del loro viaggio.
Il rifugio a Nyidalur è arrivato dopo una lunga giornata di 130 km e 12 ore in sella. Di questi 20 km erano di pura sabbia profonda. Sabbia che ha ceduto la ruota a lava secca per poi attraversare letti di laghi pieni di deflusso glaciale. Momenti che somigliavano più all’inferno che ad una vacanza. Tra le montagne desolate, Justin e Remi hanno dovuto scavare in profondità dentro sé stessi forti del fatto che stavano per raggiungere la civiltà. Assorti nei meandri dei loro pensieri hanno avuto la prova che il mondo là fuori non era del tutto vuoto: un insetto era atterrato sulla mano di Remi, il primo segno di vita che vedevano da giorni!
L'ultimo rifugio a Hólaskjól è arrivato dopo uno dei giorni più difficili ma al contempo entusiasmanti in sella alle loro bici in titanio. Avevano trascorso quasi otto ore serpeggiando attraverso montagne ricoperte di muschio verde fluorescente avvolte da nuvole basse, sfidando acquazzoni torrenziali, venti ululanti e letteralmente centinaia di attraversamenti di fiumi e torrenti solo per arrivare a una capanna completamente vuota con docce calde e letti privati. Era una semplice capanna con una doccia e dei letti, per l’appunto un rifugio, ma dopo tutte le fatiche affrontate in bici aveva le sembianze di un resort di lusso.
Il giorno successivo, l’ultimo del loro viaggio,sono finalmente arrivati alle tanto sognate sabbie nere di Vik.
È stata un'impresa difficile e stremante che ha messo a dura prova corpo e mente dei nostri ragazzi.
Paesaggi unici e incontaminati hanno però riempito gli occhi e l’animo di Remi e Justin che appena scesi dalla bici stavano già guardando oltre le onde immaginando nuovi territori da scoprire.
Come Justin descrive in modo più appropriato l'avventura, "Non è qualcosa che sarai in grado di fare seduto davanti a un computer. Devi uscire e provarlo!"
credit:
Ian Matteson @analogstrikesback
Remi McManus @r_adventurist
Justin Balog @justinbalog